INAUGURAZIONE SEDE OPERATIVA A.N.P.I. VALLE CALEPIO VALLE CAVALLINA

Venerdì 30 novembre 2018 – ore 19:30

Via della Resistenza,14 Trescore Balneario (BG), INAUGURAZIONE SEDE OPERATIVA A.N.P.I. VALLE CALEPIO VALLE CAVALLINA

A seguire rinfresco con buffet

ore 20:45 PRESENTAZIONE DEL LIBRO di PAOLO BERIZZI “NAZITALIA” Viaggio in un Paese che si è riscoperto fascista.

DIALOGO CON L’AUTORE MAURO MAGISTRATI PRESIDENTE A.N.P.I. PROVINCIALE DI BERGAMO.

SALUTI INTRODUTTIVI: TIZIANO BELOTTI PRESIDENTE A.N.P.I. VALLE CALEPIO VALLE CAVALLINA.

Sabato 1 dicembre 2018 ore10:00

IN COLLABORAZIONE CON ISREC BERGAMO IN OCCASIONE DEL 80° DALLA PROMULGAZIONE DELLE LEGGI RAZZIALI INAUGURAZIONE MOSTRA “1938: RAZZISTI PER LEGGE”

La mostra rimarrà aperta nelle giornate di sabato 1 dicembre, domenica 2 dicembre, sabato 8 dicembre e domenica 9 dicembre – dalle ore 10.00 alle ore 12.30 e dalle ore 14.30 alle ore 18.30.

LE NOSTRE RAGAZZE DEL ’46

Nel 2016 abbiamo celebrato il 70° anniversario del 2 giugno 1946, quando le donne votarono per la prima volta in tutta Italia in occasione del referendum istituzionale per la scelta tra Monarchia e Repubblica e per eleggere i membri dell’Assemblea Costituente. Quel voto aprì la porta a tutti i cambiamenti che sarebbero avvenuti in seguito e noi dell’ANPI di Cinisello Balsamo abbiamo voluto ricordarlo e ripercorrere il cammino che ci ha portato fino ad oggi, in quanto consideriamo la partecipazione alla vita politica e sociale da parte di tutti i cittadini, uomini e donne, la più grande garanzia per la democrazia.
Tra le diverse iniziative organizzate per tale evento, abbiamo realizzato il filmato “Le nostre ragazze del ’46 rievocano la prima volta” con il quale vengono proposte le interviste a otto nostre concittadine, tra i 92 e i 100 anni, che ci raccontano il loro vissuto di giovani donne alle prese con la vita di tutti i giorni e con la guerra, ma soprattutto il loro ricordo della giornata del loro primo voto: il 2 giugno 1946.

LE NOSTRE RAGAZZE DEL ’46 RIEVOCANO LA PRIMA VOLTA

parte prima

parte seconda

Cosa ci ricordiamo di quel 2 giugno 1946?

I SENTIERI DELLA RESISTENZA PARTIGIANA – 2016

Sabato 10  e domenica 11 settembre 2016

Traversata della Val Grande, da Premosello a Malesco

2016_Traversata della ValgrandeLa Val Grande, oltre ad essere un terreno unico in tutta Europa per escursioni estremamente “selvatiche”, dove ci si confronta con la natura al suo stato primordiale, è stata anche luogo di eventi importantissimi della lotta di Liberazione. In Val Grande era infatti attestata la divisione Val d’Ossola, comandata da Dionigi Superti, fin dall’agosto-settembre 1943. Nonostante il tremendo rastrellamento nazifascista del giugno 1944, con significative perdite di partigiani e distruzioni di alpeggi e pascoli, solo 2 mesi più tardi, dalle diverse postazioni che la divisione Val d’Ossola aveva rioccupato in Val Grande, sono nate tante azioni militari che hanno portato, assieme a quelle di altre formazioni partigiane operanti in Ossola, alla grande esperienza dei 40 giorni di Libertà della Repubblica Partigiana dell’Ossola. La Resistenza in questi luoghi è ricordata in un vasto territorio alpino tra il Verbano e l’Ossola che rimane ancora oggi impresso nella memoria storica delle popolazioni locali come uno degli eventi più tragici della Guerra di Liberazione. Dall’11 giugno al 1° luglio 1944 l’operazione, coordinata dal comando SS di Monza, tese ad annientare la formazione partigiana attestata nella zona. Per venti giorni parecchie migliaia di soldati tedeschi e fascisti (con l’appoggio di aerei, blindati e artiglieria pesante) braccarono circa 500 partigiani, molti dei quali disarmati. Il rastrellamento vide atti di estrema ferocia da parte dei reparti speciali antiguerriglia delle SS. Alla fine del rastrellamento si contarono circa 300 partigiani morti, 208 baite e stalle incendiate in Val Grande e Val Pogallo. Tra i caduti di quel rastrellamento ricordiamo Giovanni Marafante di Cinisello Balsamo caduto in combattimento il 17 giugno 1944

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sabato 25 e domenica 26 giugno 2016

Val Brembana Carona – Rifugio Baitone Cai Sesto San Giovanni – Val Sambuzza

 Rastrellamenti e azioni Partigiane sul confine tra la Valtellina e la Val Brembana

Attraverso la documentazione raccolta nel libro di Gabriele Fontana “Scampoli”, conosceremo la testimonianza di chi ha vissuto in quei luoghi durante la Resistenza al nazifascismo. Carona, in fondo alla Val Brembana, ha vissuto quel periodo come sostegno e snodo alle formazioni partigiane, tra incursioni delle Brigate Nere e rastrellamenti dei nazifascisti. Dalla Val Seriana ai laghi Gemelli, da Foppolo alla Valtellina sono luoghi dove la Resistenza ha avuto i suoi martiri e le sue vittorie. Approfondiremo e ripercorreremo gli avvenimenti anche con la storia raccontata nelle relazioni scritte da due parroci testimoni diretti di quel periodo.

 

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PER NON DIMENTICARE

20 giugno 1944

TRE ALLA VOLTA – I MARTIRI DI FONDOTOCE (le vittime dell’orrore, la ferocia e le barbarie nazifascista)

Nella piana di Fondotoce, nel tardo pomeriggio del 20Associazione Casa della Resistenza giugno 1944 quarantatré prigionieri furono portati davanti al plotone d’esecuzione. La crudeltà, la miseria umana, l’infamia e quanto di malvagio si possa immaginare sulle atrocità della guerra vengono raffigurati in questo episodio drammatico della nostra storia…. continua...


17 giugno 1944

Giovanni Marafante – Il sacrificio di un ventenne, morto per la nostra libertà

Il rastrellamento della Val Grande rimarrà impresso nella memoria storica come uno dei più drammatici episodi della Resistenza al nazifascismo.

La terribile operazione ebbe inizio l’11 giugno 1944 e per una ventina di giorni, due battaglioni di SS coadiuMARAFANTE GIOVANNIvati da elementi di italiani della RSI diedero la caccia alle formazioni partigiane operanti sul territorio. La portata del rastrellamento fu atroce: incendi, saccheggi e fucilazioni non risparmiarono la popolazione civile.

La tragica ma valorosa fine del nostro giovane partigiano avvenne nel teatro di questo tragico episodio. Giovanni Marafante diede la propria vita in combattimento sui monti di questo vasto territorio alpino tra il Verbano e l’Ossola… continua…


 16 e 17 giugno 1944

il sacrificio dei compagni lissonesi: Chiusi, Somaschini, Erba e Parravicini

Nel ricordare il tragico episodio, la nostra sezione è vicina ai compagni lissonesi in questi giorni di commemorazione dei partigiani: Pierino Erba, Carlo Parravicini, Remo Chiusi e Mario Somaschini trucidati dalla ferocia nazifascista.

Un uomo muore solo quando più nessuno si ricorda di lui”

Lissone, Venerdì 16 giugno 1944
Da alcune ore i quattro partigiani lissonesi Remo Chiusi, Mario Somaschini, Pierino Erba e Carlo Parravicini, accusati dell’attentato in Corso Milano contro due militi fascisti (avvenuto in tarda serata di ieri), sono nelle mani dei nazifascisti: Erba e Parravicini sono presso la Casa del Fascio di Lissone (l’attuale Palazzo Terragni), Chiusi e Somaschini in Villa Reale a Monza.Nell’ora di uscita degli operai dal lavoro, gli altoparlanti chiamano a raccolta la popolazione in piazza Ettore Muti (l’attuale piazza della Libertà) per assistere ad uno spet­tacolo. La gente, ignara di quanto stava per accadere, si ferma e s’infittisce in una sospettosa attesa. Ad un certo punto, dalla scalinata della Casa del Fascio scendono due giovani quasi inca­paci di reggersi in piedi per le torture subite: sono Pierino Erba (di 28 anni) e Carlola-tomba - Lissone Parravicini di anni 23. I due partigiani vengono messi davanti alla fontana e fucilati tra lo sgomento della popolazione… continua...

venerdì 17 giugno 2016 in Piazza Libertà  alle ore 17 l’ANPI di Lissone ricorda i quattro giovani partigiani lissonesi fucilati il 16 e 17 giugno 1944

Aprofondisci:

visita il sito dell’A.N.P.I. di LISSONE – Sezione “Emilio Diligenti”


15 giugno 1944

il sacrificio del partigiano Mario

Mario Cifola, staffetta di appena 21 anni, il 15 giugno 1944 venne catturato dai tedeschi nei pressi della chiesa della Madonna delle Grazie (Montottone), nel frattempo nella piazza del paese circa duecento abitanti – accusati di essere fiancheggiatori dei partigiani – rischiano di essere trucidati dalle mitragliatrici nemiche. Mario venne trascinato in piazza davanti alla folla e, inginocchiato insieme ad altri cinque persone: Leonida Palladino, Ottavio Sebastiani, Dante Sabbatini, Federico Storelli e Fernando Bozzi, attendono la loro fine. In quel momenifolato alcuni frati chiesero ed ottennero di poterli confessare prima di essere passati per le armi. I sei furono condotti nella dimora dei frati. Mario Cifola vidi, all’interno di una stanza al pianterreno, una porta non sorvegliata e tenta la fuga verso i campi. Ma la ingiusta sorte lo riporta di fronte ad altre truppe in perlustrazione che scaricano contro di lui una raffica di piombo.

Il suo tragico destino servì a placare le ire dei militari e rendere salvi gli abitanti di Montottone dall’imminente fucilazione.

  Approfondisci:

Atlante delle stragi naziste e fasciste: Episodio di Montottone,15.06.1944


 14 GIUGNO 1944

 FUCILAZIONE  di Rabellotti, Cattaneo, Rossi e Oliaro

Migiandone - Cappella di S. Bernardosulla strada di Migiandone, nei pressi della Cappella di S. Bernardo, Il 14 giugno 1944 Remo Rabellotti di 24 anni, Felice Cattaneo di 20, Edoardo Rossi di 21 e Bartolomeo Oliaro di 18 dopo essere stati sottoposti a violente torture inflitte dalla la ferocia nazista-fascista; furono atrocemente massacrati.

 Approfondisci:

Atlante delle stragi naziste e fasciste: ORNAVASSO, (Verbano-Cusio-Ossola – Piemonte)

Comitato provinciale di Novara: FUCILAZIONE ALLA CAPPELLA DI S. BERNARDO


13 GIUGNO 1944

L’eccidio nazi-fascista di Forno

Monumento alle vittime dell’eccidio di Forno

Monumento alle vittime dell’eccidio di Forno

Ai piedi del massiccio delle Alpi Apuane, nella stretta vallata del fiume Frigido accade uno degli episodi più drammatici della nostra storia.

all’alba del 13 giugno 1944 la ferocia nazifascista si abbatté contro l’intera popolazione di Forno. I tedeschi e i reparti italiani della X MAS rastrellarono il paese casa per casa e, sparavano attraverso le finestre delle case e, sulla strada principale del paese, con violenza inaudita massacrarono 60 persone e 51 fecero prigionieri e inviati nei campi di lavoro in Germania

 Approfondisci:

Atlante delle stragi naziste e fasciste – “FORNO MASSA 13.06.1944 (Massa-Carrara – Toscana)”

Gita sociale a Reggio Emilia e a Gattatico-Casa Museo Cervi

domenica 5 giugno 2016

Dalle vie, piazze, monumenti e luoghi della storia della Resistenza nella città di Reggio Emilia Medaglia d’Oro al Valor militare della Resistenza

25 aprile 1945 in Piazza del Duomo a Reggio Emilia

Care compagne e cari compagni,

Il comitato ringrazia tutti coloro che con il proprio contribuito e la propria partecipazione hanno reso possibile questa importante e significativa iniziativa promossa dalla nostra sezione cittadina.

un caloroso ringraziamento va in modo particolare alla piccola Lisa che con la sua presenza ha riportato la gioia nel gruppo.

Ringraziamo naturalmente anche il compagno Antonio Zambonelli della sezione ANPI di Reggio Emilia che, grazie alle sue capacità descrittive, ha saputo illustrare e trasmettere il valore storico di ogni luogo di memoria dell’itinerario.L

L’itinerario

L’itinerario parte da un luogo terribile! terribile come ogni luogo dove un individuo venne rinchiuso, torturato e massacrato per la libertà, la eguaglianza, la democrazia ed il bene comune”.

Deposizione della prima corona al Poligono di Tiro di Reggio Emilia 20160605_ANPI_CINISELLO_Reggio_Emilia (04)

Rendiamo omaggio ai martiri uccisi presso il Poligono di Tiro di Reggio Emilia. Le figure emblematiche di questo luogo di memoria sono i sette fratelli Cervi (Agostino, Aldo, Antenore, Ettore, Ferdinando, Gelindo e Ovidio) che, insieme a Quarto Cimurri furono fucilati senza processo all’alba del 28 dicembre 1943.

La lapide in marmo posta nel lato sinistro dell’ingresso al poligono ricorda anche che loro non sono stati gli unici a 20160605_ANPI_CINISELLO_Reggio_Emilia (09)trovare la morte all’interno del sito, il 30 gennaio 1944 i fascisti repubblichini fucilarono don Pasquino Borghi e altri otto antifascisti: Ferruccio Battini, Romeo Benassi, Umberto Dodi, Dario Gaiti, Destino Giovannetti, Enrico Menozzi, Contardo Trentini e l’anarchico Enrico Zambonini, già combattente in Spagna.

«QUI SACRIFICARONO LA PROPRIA VITA PER LA LIBERTÀ E LA DEMOCRAZIA CADUTI SOTTO IL PIOMBO FASCISTA»

 Proseguiamo il nostro percorso verso altri luoghi di rilevanza storica della città Medaglia d’Oro al Valor militare della Resistenza.011 ANPI Reggio Emi

Deposizione della seconda corona al sacrario dei caduti della Resistenza di Reggio Emilia

Sotto l’ombra di due colonne di tigli ci raccogliamo per la deposizione della seconda corona al sacrario dei caduti della Resistenza di Reggio Emilia.

Descrizione del sacrario: Il monumento originario (una targa/sacrario lunga circa dieci m. per un’altezza superiore ai due m.) venne inaugurato il 25 aprile 1950 dal Presidente della Repubblica Luigi Einaudi. Nel 1984, in seguito a lavori di restauro nell’edificio della Galleria Parmeggiani, venne decisa una nuova ubicazione per la targa sacrario dei caduti della Resistenza di Reggio Emilia, nonché una nuova soluzione formale. Pertanto il monumento venne ricostruito nell’area verde adiacente ai monumenti dedicati alla Resistenza e ai caduti del 7 luglio1960. Il nuovo monumento è composto da dieci steli metalliche, ognuna delle quali ospita circa sessantadue nomi di caduti e contiene le 615 fotoceramiche precedentemente infisse.

La descrizione del sacrario è stata estratta dalla scheda presente nel Report dei Monumenti di Reggio Emilia (http://www.anpireggioemilia.it/adotta-un-monumento-la-memoria-batte-nel-cuore-del-futuro/)

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«GLORIA AI CADUTI PER LA LIBERTÀ E L’INDIPENDENZA DEL POPOLO ITALIANO»

La prossima sosta dista a pochi pasi, in Piazza Martiri del 7 luglio troviamo un’imponente scultura ln bronzo, il Monumento alla Resistenza reggiana.

Descrizione del bronzo: Trattasi del monumento alla Resistenza reggiana. Esso consta di una pregevole opera in bronzo dello scultore Remo Brioschi posta su basamento in granito. La scultura rappresenta gli ultimi istanti di vita di un gruppo di vittime del nazifascismo. L’iconografia è quella del martirio: le vibrazioni dei piani di luce e il riverbero dei bronzi seguono la tensione verticale delle aste che sostengono il peso dei corpi delle vittime civili ed evocano sentimenti d’eroismo e sofferenza. Il monumento venne realizzato grazie ad una sottoscrizione pubblica che coinvolse l’intera provincia. L’inaugurazione è avvenuta il 25 aprile 1958

La descrizione del bronzo è stata estratta dalla scheda presente nel Report dei Monumenti di Reggio Emilia (http://www.anpireggioemilia.it/adotta-un-monumento-la-memoria-batte-nel-cuore-del-futuro/)

«A GLORIA E RICORDO DELLA RESISTENZA – 25 APRILE 1958»

20160605_ANPI_CINISELLO_Reggio_Emilia (24)Piazza Martiri del 7 luglio

Quanto è avvenuto in quel violento pomeriggio, il contesto storico e i nomi dei compagni morti per mano dei fascisti (immortalati dalla celebre canzone di Fausto Amodei “Per i morti di Reggio Emilia”) è ben noto a tutti; tuttavia l’accurata ricostruzione da chi ha vissuto quei tristi momenti, come il compagno Antonio Zambonelli, produce in ognuno di noi la consapevolezza che la memoria è «quel filo invisibile ma tenacissimo che tiene unite le comunità, è il racconto di una identità fatta di cultura, sensibilità e patrimonio ideale»  che ci obbliga a custodirla, difenderla e trasmetterla alle nuove generazioni.

Testimonianza

Significativa è stata la testimonianza sul tragico fatto di sangue avvenuto in questa piazza il 7 luglio 1960.

 La repressione da parte delle forze dell’ordine che investì la pacifica manifestazione operaia è stata feroce, i celerini impugnarono le armi e cominciarono a sparare ad altezza d’uomo, sparavano sulla folla. “Un poliziotto, ricorda Zambonelli rifacendo il gesto, estrae la pistola, prende la mira, e spara a un ragazzo”.

Dalla descrizione di questa azione si potrebbe intuire che in quel momento, la vita di Afro Tondelli di 36 anni, giunse in modo cruento al termine.  La stessa fine toccò ai compagni Marino Serri, di 41 anni, Emilio Reverberi di 39 anni Ovidio Franchi di 19 anni e Lauro Farioli di 22.

“COMPAGNI, SIA BEN CHIARO CHE QUESTO SANGUE AMARO VERSATO A REGGIO EMILIA, È SANGUE DI NOI TUTTI”
Fausto Amodei

La Sinagoga

Ci dirigiamo verso il ghetto ebraico, in via dell’Aquila troviamo la Sinagoga. Oggi questo luogo non è più adibito al culto, l’intera struttura viene utilizzata per iniziative culturali e visite guidate per scuole e gruppi.

Dei settanta Ebrei reggiani residenti nel territorio, di cui la maggior parte fuggita all’estero, durante un’azione congiunta della polizia italiana e della polizia militare tedesca, dieci vengono arrestati il 5 dicembre 1943, tre in via dell’Aquila -. Tutti i dieci vengono sterminati ad Auschwitz.

Dopo l’arresto dei dieci ebrei reggiani i primi di dicembre del 1943 il Tempio viene saccheggiato dalla milizia fascista. La biblioteca della Comunità fu in parte venduta e in parte destinata al macero dai repubblichini guidati dall’amministratore dei beni ebraici; vennero trafugati gli addobbi, i lampadari, l’argenteria e altri oggetti di valore.

Approfondisci

estersito, nato da un’idea dell’Istituto per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea in Provincia di Reggio Emilia (Istoreco),

Enciclopedia storica dell’Ebraismo reggiano 


Morti per la pace

20160605_ANPI_CINISELLO_Reggio_Emilia (36)Mario e Fermo: due giovani appena diciottenne uccisi barbaramente dai colpi del Regio Esercito.

Il 25 febbraio 1915 migliaia di lavoratori reggiani manifestavano intorno al Teatro Ariosto il proprio dissenso alla follia della guerra, quella sera d’inverno Mario Baricchi e Fermo Angioletti furono tragicamente protagonisti della storia di questa meravigliosa città.

Nel piazzale antistante al teatro è dedicata una targa in memoria al loro sacrificio.

20160605_ANPI_CINISELLO_Reggio_Emilia (37)

“Il riconoscimento di Reggio Emilia ai giovani Mario Baricchi e Fermo Angioletti di anni 18 che, nell’intento di evitare la follia della guerra, furono qui uccisi dal Regio Esercito il 25 febbraio 1915”


La Caserma Zucchi

In viale Allegri culmina la nostra visita, le tappe da noi visitate furono ricche di particolari storici e di memoria, i sui monumenti, le sue lapidi ed ogni angolo di questa città meravigliosa, rispecchiano e trasudano il forte coraggio, il valore ed il sacrificio per la pace e la giustizia del popolo reggiano.

Sul muro esterno dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia (allora Caserma Zucchi) di fronte al Teatro della Cavallerizza, troviamo due lapidi commemorative, la prima in memoria di un grande uomo: Angelo Zanti Medaglia d’Argento al valor militar fucilato all’alba del 13 gennaio 1945 nel cortile della Caserma, la seconda commemora cinque uomini in divisa che, il 9 settembre 1943, con grande coraggio hanno sacrificato le proprie vite nel conflitto con le truppe naziste per non consegnarsi all’invasore senza reagire.

per saperne di più:

1945 – gennaio 13 – Fucilazione Angelo Zanti

 Istituto per la Storia della Resistenza e della Società contemporanea in provincia di Reggio Emilia: SETTEMBRE 1943 A REGGIO EMILIA

PER LA PATRIA E LA LIBERTÁ
CONTRO IL PRODITORIO ATTACCO
DI FORZE NAZISTE
CADDERO A REGGIO EMILIA
IL 9 SETTEMBRE 1943
ALLA CASERMA ZUCCHI

                ART.   ANTONIO GIANNONE DA PALERMO
   ”   LINO BERTONE DA FORLI
              ”     CARLO GIANNOTTI DA PESARO

ALLA PREFETTURA

BERS. ISIDORO FAVERO DA TREVISO

ALL’AEROPORTO

AVV.     MARIO PIROZZI DA NAPOLI

NEL XXV DELL’OLOCAUSTO
I CITTADINI REGGIANI
PERENNEMENTE GRATI
POSERO

15 SETTEMBRE 1968

La sovranità appartiene al popolo

Comitato per il No alla riforma costituzionale Cinisello Balsamo
Contributi:
Teresa Mattei – Firenze 5 maggio 2005 – da Teatro del Legame
Vittorio Foa – novembre 2005 – da Rassegna.it
Oscar Luigi Scalfaro – da Youdem Tv
Giorgio Napolitano – 29 marzo 2006 – da Radio Radicale
Piero Calamandrei – Introduzione Storica sulla Costituzione – ANPI Cinisello Balsamo
Bella Ciao – eseguito dai Modena City Ramblers – courtesy of Universal Music Italia S.r.l.
Immagini della Liberazione di Torino e di Milano – tratte dal film “Lotta partigiana” – realizzato da Paolo Gobetti – 1975, produzione A.N.C.R., Torino
Immagini della Costituente fornite da Archivio dell’Istituto Luce, Roma
Fotografie di Piero Calamandrei – concesse da Silvia Calamandrei

Perché l’Anpi ha ragione a votare no

21 Maggio 2016

Quella che segue è la lettera che il presidente dell’Anpi, Carlo Smuraglia, ha inviato all’Unità in risposta a quella di 70 senatori del Pd pubblicata dallo stesso giornale. La lettera di Smuraglia è stata pubblicata oggi sul quotidiano.

 

Cari Senatori,
ho letto la vostra lettera aperta e ne capisco le ragioni. Quando si approva più volte una legge, si finisce per affezionarsi. Per di più, siamo già in campagna referendaria e dunque bisogna fare un po’ di propaganda e cercare di mettere in difficoltà chi si colloca, in questo caso, dall’altro lato della barricata. Capisco anche l’esaltazione che fate della Riforma: a voi piace, l’avete votata e non avete ripensamenti. Come sapete, io la penso in un altro modo e, fortunatamente, non sono il solo.
Ma consentitemi però qualche osservazione: vi dichiarate tutti “iscritti e sostenitori dell’ANPI”; ma io non vi ho mai incontrato nel lungo cammino che abbiamo percorso su queste tematiche. Un cammino che è cominciato dal 29 marzo 2014 (Manifestazione al Teatro Eliseo – Roma), è continuato per due anni, giungendo ad un primo approdo, in Comitato nazionale, il 28 ottobre 2015, con una posizione già piuttosto evidente sulla legge di riforma e l’eventuale referendum ed è proseguito con la decisione del 21 gennaio 2016, adottata dal Comitato nazionale, di prendere posizione per il “NO”. Ma non basta: ci sono stati i Congressi delle Sezioni e dei Comitati provinciali e in tutti si è finito per discutere anche sul referendum, con libertà e ampiezza di idee; i documenti votati durante questi Congressi, sul tema specifico del referendum, parlano chiaro: 2501 favorevoli, 25 contrari e alcuni astenuti. Dunque, si è discusso, ci si è confrontati (circa 30.000 presenze nei vari Congressi), ma la linea adottata il 21 gennaio, ha raccolto ampi consensi. Mancava il traguardo finale, cioè il Congresso nazionale. Si è svolto dal 12 al 14 maggio, a Rimini, introdotto da una Relazione, ovviamente “schierata” sulla base delle decisioni adottate il 21 gennaio e confermate nei Congressi. Anche a Rimini si è discusso e chi ha voluto ha parlato, in un senso o nell’altro. Alla fine, come si fa in democrazia, si è votato: 347 voti a favore del Documento base e della Relazione introduttiva al Congresso nazionale, contro tre astensioni. Chiarissimo, mi pare. O no?
Anche nella Relazione generale, peraltro, avevo riconosciuto che erano emersi alcuni dissensi, minoritari. Ad essi ho attribuito piena cittadinanza, riconoscendo “non solo il diritto di pensarla diversamente, ma anche quello di non impegnarsi in una battaglia in cui non si crede”, aggiungendo, peraltro che non si poteva riconoscere il diritto a compiere atti contrari alle decisioni assunte, perché ci sono delle regole da rispettare, codificate nei nostri documenti fondamentali, secondo le quali gli iscritti devono rispettare lo Statuto, il Regolamento e le decisioni degli organismi dirigenti; e ovviamente (anche se non c’è una norma specifica ), non recar danno all’ANPI .Tutto qui. Questo gran parlare che si fa del dissenso e di un preteso autoritarismo non ha davvero fondamento e ragion d’essere. In democrazia la maggioranza ha il dovere di rispettare il pensiero di chi dissente, ma quest’ultimo, a sua volta, ha il dovere di rispettare il voto e le decisioni assunte dalla maggioranza. Altrimenti, sarebbe l’anarchia. E questo sarebbe davvero inconcepibile in un’Associazione come l’ANPI che è sempre stata pluralista, ma nella quale mai si sono posti dei problemi come quelli che oggi vengono prospettati, non solo dall’interno, ma addirittura dall’esterno, impartendoci autentiche “lezioni” (mi piacerebbe sapere se tutti quelli che si dicono iscritti all’ANPI, lo sono davvero, oppure lo affermano soltanto, naturalmente non per contestare il diritto di critica, ma per capire da quale parte essa proviene, visto che noi un grande dibattito interno lo abbiamo già avuto in questi mesi).
Voi dite che “molto potremmo discutere sull’opportunità e sulle modalità della scelta”. Discutete pure sull’opportunità, come appassionato esercizio dialettico, ma sulle modalità stento ad immaginare che cosa si sarebbe potuto e dovuto fare di più, per giungere ad una decisione, su cui si è formata una stragrande maggioranza.
Voi vi preoccupate che l’ANPI non diventi un partito; non c’è pericolo, ve lo assicuro perché siamo sempre stati gelosi della nostra identità e della nostra indipendenza. Schierarsi in difesa della Costituzione è un obbligo che ci deriva dallo Statuto in termini che spero voi ricordiate (“concorrere alla piena attuazione, nelle leggi e nel costume, della Costituzione italiana, in assoluta fedeltà allo spirito che ne ha dettato gli articoli”); e nessuno pensò che l’ANPI si trasformasse in partito quando scese in campo contro la “legge truffa”, nel 1953, o quando fece altrettanto contro il Governo di Tambroni, appoggiato dai fascisti, nel 1960. Sulla Costituzione è un dovere impegnarsi e battersi con ogni mezzo perché se ne conservino lo spirito ed i valori.
Ignorare tutto questo, significa conoscere poco l’ANPI e il suo modo di essere e cancellare il dibattito e il confronto di questi mesi che hanno condotto – democraticamente – alla presa di posizione che oggi si vorrebbe mettere in discussione.
Quanto poi al modo di affrontare la campagna referendaria, non siamo stati certo noi ( e non lo saremo mai) ad “alzare i toni”. Altri hanno provveduto a farlo, eccome.
Ho una vita alle spalle, cui nessuno dovrebbe mancare di rispetto: ma dal vostro giornale ho avuto, in pochi giorni, un attacco offensivo, una vignetta vergognosa ed ora un appello che non posso che considerare come rivolto a mettere in discussione un processo democratico che ha coinvolto tutta l’ANPI.
Mi spiace che vi siate scomodati per noi, vi ringrazio dei consigli, ma noi obbediremo alla linea consacrata in un democratico Congresso, procedendo diritti per la nostra strada e rispettando perfino chi non ci rispetta. Non accetteremo l’invito quasi perentorio a continuare, al nostro interno, la discussione, perché essa c’è già stata, nella sede competente, con il totale coinvolgimento dei nostri organismi e dei nostri iscritti. Forse sarebbe un esempio da seguire, per tutti, il metodo con cui ci siamo confrontati ed abbiamo preso le nostre decisioni.
In ogni caso, e per concludere: abbiate un po’ di fiducia in noi: abbiamo sempre fatto di tutto per mantenere l’unità dell’ANPI, e ci riusciremo anche questa volta.
Cordialmente,
Carlo Smuraglia

lettera pubblicata sul sito dell’ANPI in data  21 Maggio 2016