COMUNICATO STAMPA DEL 22 GIUGNO 2021
A seguito del comunicato stampa dell’Amministrazione comunale e dell’Unione degli Istriani del 16 giugno, relativo al protocollo d’Intesa siglato per promuovere la collaborazione tra il Comune e tale Associazione, trasmettiamo il comunicato emesso dal Forum delle Associazioni Antifasciste e della Resistenza, di cui fanno parte numerose associazioni partigiane, laiche e di ispirazione cristiana (come l’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani), l’Associazione degli Internati Militari, le associazioni dei deportati e dei reduci dai campi di sterminio.
Sono così confermate le preoccupazioni che avevamo espresso nel precedente documento e che anzi vengono ulteriormente rafforzate da quanto, nel comunicato stampa dell’Amministrazione comunale, l’Unione degli Istriani – candidamente – afferma, e che cioè la loro “trentennale ricerca storica” si basa sul noto “Albo d’Oro dei Caduti nella Venezia Giulia”, un libro scritto dal criminale di guerra Luigi Papo de Montona, dal 1943 Commissario del Fascio e capo della Squadra d’azione fascista di Montona (Istria), un gruppo di volontari della GNR che confluì nella MDT (Milizia Difesa Territoriale) che si era posta sotto il diretto comando dei nazisti. Le squadre che Luigi Papo comandava si resero protagoniste di atrocità, saccheggiarono villaggi, torturarono e uccisero gli oppositori al nazifascismo, fecero internare in Germania partigiani jugoslavi e civili sospettati di antifascismo. Luigi Papo venne accusato dalla Commissione di Stato jugoslava di aver comandato l’uccisione e la tortura di partigiani e civili disarmati. La fece franca perché, catturato e imprigionato dai partigiani jugoslavi, non fu riconosciuto e perciò venne rilasciato. Fu esule in Italia e visse a lungo a Roma sotto falso nome per timore di essere estradato.
Sarebbe dunque sulla base di quanto narrato da un criminale di guerra che verrebbero raccontate ai nostri studenti le complesse vicende del Confine Orientale?
All’Amministrazione comunale, che estrosamente afferma che ben 350 mila esuli italiani sarebbero “sopravvissuti” agli eccidi, desideriamo ricordare che:
– in Istria e negli altri territori costieri appartenuti all’Italia prima dell’invasione militare voluta dal fascismo, sono presenti comunità di italiani che vivono in pace con le altre comunità e che alcuni di loro hanno ruoli politici e istituzionali di spicco nelle istituzioni locali, regionali e nazionali slovene e croate;
– che le comunità di italiani oltre confine sono ben rappresentate da Associazioni che promuovono la storia, l’arte, la cultura e la lingua italiana, e persino i dialetti di quelle terre;
– che a Rovigno esiste un Centro di Ricerche Storiche, fondato nel lontano 1969, dunque in pieno periodo titino, che è punto di incontro, collaborazione e dialogo fra gli studiosi di Italia, Slovenia e Croazia, sostenuto dai rispettivi Stati, e che svolge un ruolo prezioso nell’ambito della ricerca e valorizzazione del patrimonio storico e delle tradizioni delle comunità italiane “in un costante dialogo tra le culture italiana, slovena e croata in un’ottica europeista, senza confini e divisioni nazionalistiche di qualsiasi tipo”.
È questo il modo, assessore Visentin e sindaco Ghilardi, di promuovere il dialogo e il confronto tra le diverse comunità presenti in quei territori, non certo riproponendo rivendicazioni superate dalla Storia, che non fanno altro che rimestare nelle ferite del passato, fomentando odi reciproci.
Invece, nella sua foga nazionalista e neoirredentista, l’Unione degli Istriani alimenta divisioni tra le comunità italiane, slovene e croate d’oltre confine. Lo fa, per esempio, con un post facebook del 22 gennaio 2021 dal titolo: “I sentimenti che dividono gli esuli dai rimasti”, mediante il quale attaccano il sindaco di Buie d’Istria (Croazia), Fabrizio Vizintin, per essersi espresso con parole di apprezzamento rispetto alle “Decisioni di Pisino”, prese dai partigiani jugoslavi nel 1943, che l’Unione degli Istriani definisce “famigerate”, mentre per il sindaco di Buie: “gettarono le basi dell’Istria moderna e multiculturale, una regione che per molti oggi può rappresentare un modello e della quale siamo tutti orgogliosi”. Evidentemente, anche sulle vicende storiche, tra gli italiani d’oltre confine esistono giudizi e sentimenti differenti da quelli espressi dall’Unione degli Istriani.
E a tal proposito dovrebbero essere fonte di preoccupazione le pesanti offese che in un post del 26 febbraio scorso il presidente dell’Unione degli Istriani, Massimiliano Lacota, da voi interpellato, rivolge alla Slovenia, dunque in quanto Stato e in quanto Popolo, peraltro su una banale questione commerciale: “La Slovenia farebbe bene ad accontentarsi di quelli che sono, senza possibilità di smentita alcuna, primati esclusivi, ovvero quello di essere il più grande cimitero d’Europa, cioè il ‘Paese delle Foibe’”.
Sarebbero questi, gentili Assessore e Sindaco, i “valori” di dialogo e confronto che questi signori andranno a portare nelle scuole cittadine grazie al vostro protocollo d’intesa? È in questo modo che costoro intendono promuovere l’amicizia tra i nostri popoli, membri della Comunità europea?
È altresì singolare il fatto che il loro presidente affermi che l’Associazione non “giustifica” bensì “contestualizza” le atrocità compiute dall’Esercito italiano nei confronti della popolazione civile jugoslava in seguito all’invasione del 1941. Dopodiché accusano di negazionismo gli storici che osano contestualizzare le complesse vicende del Confine orientale nel quadro della Seconda guerra mondiale, scatenata dalla Germania nazista con cui l’Italia fascista scelse di allearsi e delle cui mire espansioniste la Jugoslavia fu vittima.
È quindi del tutto evidente, e lo è ancor di più dalle dichiarazioni dell’assessore Visentin, che il protocollo d’intesa siglato con l’Unione degli Istriani non è affatto motivato dal proposito di promuovere una maggiore conoscenza delle vicende del Confine orientale, ma è soltanto una mossa di carattere politico-propagandistica nel solco dei tanti tentativi di revisionismo storico portati avanti da alcune forze politiche del panorama nazionale che faticano a riconoscersi nei valori fondanti della nostra Repubblica nata dalla Resistenza e nella Liberazione dal nazifascismo.
E non è la presunta apartiticità dietro cui si maschera l’Unione degli Istriani, e tantomeno i loro accreditamenti (peraltro comuni a molte altre associazioni culturali, sportive, ambientaliste e animaliste) che cambia la natura profondamente neoirredentista di questa Associazione.
A lei, assessore Visentin, che accusa l’ANPI di “pregiudizio” nel voler affrontare la questione delle foibe, rispondiamo che siamo talmente interessati all’argomento da volerne parlare senza reticenze, a partire dai primi “infoibamenti”, quelli organizzati dai sadici torturatori e stupratori dell’Ispettorato Speciale di Pubblica Sicurezza per la Venezia-Giulia, la famigerata “Banda Collotti”; un gruppo di poliziotti italiani al servizio delle SS, che rastrellavano gli ebrei triestini e istriani per mandarli nella Risiera di San Sabba e ad Auschwitz, catturavano e torturavano antifascisti italiani e slavi nella famigerata “Villa Triste” di via Bellosguardo 8 a Trieste, per poi caricarli a bordo di un furgone sequestrato a un’impresa mortuaria e gettarli vivi nelle foibe, come risulta da numerose testimonianze, inclusa quella dell’ispettore di Polizia Umberto De Giorgi, resa al tempo del processo per i crimini della Risiera di San Sabba.
E tutte queste atrocità avvenivano anche prima del 1943, assessore Visentin. Siamo pertanto d’accordo con lei che la storia vada studiata per intero e senza il pregiudizio che lei attribuisce all’ANPI.
Invitiamo lei e il sindaco Ghilardi a lasciare gli esponenti dell’Unione degli Istriani alle loro nostalgie neoirredentiste. Costoro non sono nostalgici di quelle terre, dove peraltro, nell’Europa che ha abbattuto i suoi confini interni, chiunque può andare a vivere in qualsiasi momento, ma sono nostalgici dell’appartenenza delle stesse all’Italia; appartenenza perduta proprio in seguito alla folle volontà di dominio del fascismo che gli accordi di Rapallo violò con l’invasione del 1941.
Il Comitato

