L’ANPI e le celebrazioni del IV Novembre

Domenica 4 novembre nel nostro Paese ricorre il centenario della fine della prima guerra mondiale.

In quella data, un secolo fa, aveva termine un conflitto che, nelle intenzioni di chi in Italia lo aveva voluto, doveva concludere il nostro Risorgimento e portare a compimento l’unità nazionale. Effettivamente per la prima volta centinaia di migliaia di giovani (furono circa 6 milioni i richiamati su una popolazione di 36 milioni) provenienti da tutte le regioni italiane si trovarono fianco a fianco nelle trincee a condividere nel fango, nel sangue, nella paura, esperienze che ne avrebbero segnato indelebilmente l’esistenza, se fossero sopravvissuti a quell’immane massacro. Contemporaneamente nelle campagne e nelle città le loro famiglie conobbero l’angoscia dell’attesa e il dolore della perdita e nello stesso tempo le donne e spesso anche i bambini dovettero sostituirli nei lavori dei campi e delle fabbriche, mentre il loro tenore di vita già precario peggiorava ulteriormente.

Il 4 novembre 1918 quell’unità tanto auspicata era stata finalmente raggiunta, però nel celebrarla non dobbiamo dimenticare quello che è costata a tutto il Paese e anche alla nostra piccola comunità:

Italia

Soldati morti:

780.000 di cui: 406.000 per cause belliche, 274.000 per malattia, 100.000 nei campi di prigionia stranieri (600.000 furono i soldati catturati dal nemico).

Non si conosce il numero esatto dei soldati fucilati nel corso delle azioni, per processi anche sommari a seguito di diserzioni, ferite autoinflitte, disobbedienza, disfattismo, etc. Il loro numero è imprecisato e assolutamente sottostimato, ma nelle fonti ufficiali è fissato a circa un migliaio, mentre in quelle non ufficiali è stimato in alcune decine di migliaia.

Soldati feriti:

950.000 – 1.050.000

Soldati ammalati:

2.500.000

Soldati invalidi:

462.800 – 463.000 a causa di ferite o di malattie, secondo i dati militari. Tuttavia Corrado Tumiati, medico e psichiatra nella Grande Guerra, denuncia ben 1.300.000 militari e civili «minati, irrimediabilmente devastati nel fisico e nella mente».

Civili morti:
500.000 – 1.000.000 Il computo dei civili morti per cause belliche e per cause determinate dalla guerra, come malnutrizione e malattie, è ad oggi tutt’altro che definito. Inoltre negli ultimi mesi di guerra civili e militari furono colpiti dall’epidemia “spagnola”, la quale imperversò e falcidiò la popolazione non solo italiana fino al 1919. Ugualmente, il numero dei feriti e degli ammalati non è stato attendibilmente e univocamente stabilito.

Cinisello Balsamo

Su una popolazione che, al momento del censimento del 1911, nei due paesi di Balsamo e Cinisello contava in totale 7350 abitanti, i dati reperibili sono i seguenti:

Soldati morti (come risulta dalle lapidi):

108 (88 per ferite o malattia). Tra di loro i dispersi o coloro di cui non si ebbe notizia della morte furono 20.

Tra questi militari 77 perirono sul fronte italiano, gli altri in Austria, Ungheria, Slovenia, Libia.

Soldati prigionieri:

81 (da un elenco del 1918 in cui risulta che 23 erano stati catturati prima della rotta di Caporetto e 43 dopo, mentre dei restanti manca il riferimento).

Per quanto riguarda la popolazione civile mancano i dati; tuttavia nel 1915 crebbe fortemente la mortalità infantile nel primo anno di vita e, tra i bambini più grandi, l’abbandono scolastico divenne assai frequente. Nello stesso tempo le richieste delle famiglie al Comitato di Assistenza testimoniavano un generale peggioramento dell’alimentazione e delle condizioni di vita.

Nel 2015, in occasione del centenario dell’entrata in guerra dell’Italia, moltissime furono le iniziative organizzate dall’Amministrazione comunale e da molte realtà associative del territorio per ricordare il sacrificio di tante persone e in particolare dei nostri concittadini.

Anche quest’anno, proprio per onorare i tanti morti e non dimenticare le sofferenze quasi inimmaginabili che la Grande Guerra ha prodotto, chiediamo ai nostri iscritti di partecipare alle celebrazioni cittadine del IV novembre, perché quei giovani, la cui vita venne sacrificata, ricevano da noi almeno questo piccolo tributo di umana pietà.

Nello stesso tempo vogliamo ricordare che la nostra Carta costituzionale, nata settant’anni fa dopo un altro sanguinoso conflitto, all’articolo 11 dichiara in modo perentorio che “l’Italia ripudia la guerra”, affinché in nessuna forma il nostro Paese sia più coinvolto in un altro conflitto armato.

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