NOTAZIONI DEL PRESIDENTE NAZIONALE ANPI

Referendum, legge elettorale: un grande scompiglio sotto il sole di luglio

Sembrava tutto chiaro (a prescindere dagli esiti possibili): inevitabile il referendum di ottobre sulla riforma del Senato, la legge elettorale in attesa di decisione, davanti alla Corte Costituzionale; invece, le acque si stanno muovendo e perfino intorbidando. Si fa un gran parlare di modifiche alla legge elettorale (la terza ondata di modifiche!), con una serie di proposte che vanno in direzioni diverse e di cui non poche sanno molto di interessi particolari, di partito o di schieramento e assai meno di una seria volontà di migliorare, in favore dei diritti dei cittadini, una legge malfatta e antidemocratica. Il “premier” dopo aver dichiarato più volte che quella “ottima” legge non si poteva toccare, adesso dice che lui non c’entra più, che la parola spetta al Parlamento, ove – se ci saranno i numeri – la legge potrà essere cambiata (non si capisce bene se si tratta di un vero distacco, o di una minaccia oppure di una sorta di ricatto). Contemporaneamente, si è aperto un fronte di discussione anche sulla riforma del Senato: da un lato, perché non si riesce a capire quando ci sarà il referendum, a fronte di una incredibile ed inaffidabile scorribanda di ipotesi e di date, e dall’altro, perché ha preso quota – almeno per ora -il tema del possibile “spacchettamento” (cioè della divisione del referendum in più quesiti, anziché risolversi in uno solo, come pareva). C’è già chi ha avanzato l’ipotesi di arrivare a cinque quesiti; c’è chi, bontà sua, ha ricordato che non sarà il Governo a decidere ma – semmai – la Corte di Cassazione o la Corte Costituzionale (non mi pare che esistano precedenti e dunque si naviga in mare aperto).
Ora, ciò che va detto è che, a stretto rigore, dalla Costituzione si dovrebbe desumere che il referendum debba vertere su un unico quesito, di contenuto omogeneo. Questo fu osservato già anche da alcuni giuristi, diversi mesi fa, rilevando che la cosiddetta “Riforma del Senato” conteneva temi disparati, oltre quello di fondo (ad esempio la disciplina dell’iniziativa popolare, quella dello statuto delle minoranze, la regolamentazione del sistema delle autonomie e dei rapporti con lo Stato, l’abolizione del CNEL). Ma queste considerazioni non solo caddero nel vuoto, ma anzi furono vanificate dalle reiterate dichiarazioni del Presidente del Consiglio e Segretario del Partito di maggioranza, secondo le quali questo referendum sarebbe stato una sorta di “giudizio di dio”, non tanto sulla materia del testo di “riforma” quanto sul Governo e sul suo Presidente.
Ovvio che se si trattava di un “plebiscito”, questo sarebbe dovuto avvenire in un unico contesto, e su un unico soggetto, individuale o collettivo Adesso anche questo sta cambiando, la stampa è piene di idee, di proposte al riguardo. I radicali hanno già formulato addirittura un’ipotesi di suddivisione dei quesiti. Il protagonista di fondo, non parla e non sembra avere ancora un orientamento deciso, anche se adesso più che su un giudizio di merito, sembra si voglia far leva sulle paure (politiche ed economiche).
Ma tutto questo frinire di cicale continua e disturba; sembra che ne siano andati a parlare anche col Presidente Mattarella, che ha giustamente dichiarato la sua “neutralità”. Io non voglio esprimermi su una qualsiasi delle scelte possibili e suscettibili anche di influire sui tempi; preferisco limitarmi ad osservare che, se questo problema esiste, è strano che se ne siano accorti solo ora e che effettivamente adesso è troppo tardi per prenderlo in considerazione.
E mi viene un dubbio: che le paure che si vorrebbero suscitare nel popolo (il caos, l’ingovernabilità, il disastro economico, etc.) siano di altro tipo ed alberghino proprio in casa di chi ostentava tanta sicurezza. Non si dica, per favore, che siamo sospettosi, ma i sintomi ci sono tutti: e il primo è l’incredibile ritardo nell’accorgersi di un simile “difetto” e il secondo è l’incertezza e l’esitazione nel fissare la data del referendum.
Poiché questi signori sono molto attenti ai sondaggi, non è che le certezze ostentate abbiano subito qualche duro colpo dalla lettura dei giornali che li riportano e sui quali il “NO” viene considerato in vantaggio (o quantomeno in equilibrio con il SI?
E non è che tutta questa frenesia di parole, di invenzioni, di ipotesi sull’uno e sull’altro tema (legge elettorale e riforma del Senato), tragga origine da qualcosa che non si dice apertamente, ma che ha tutto il sapore della ricerca dei modi migliori per soddisfare interessi di partito e/o di governo, piuttosto che l’interesse generale ad una parola chiara, espressa dal popolo?
In più, si ha l’impressione che si stia instaurando una sorta di possibile scambio:
si sarebbe disponibili a modificare la legge elettorale nella direzione richiesta da alcuni partiti (che non è quella per la quale si intendeva svolgere il referendum, sia ben chiaro), in cambio dell’assicurazione che alcuni “indecisi” voterebbero “SI” alla riforma del Senato. Questa ipotesi, che non è affatto appannaggio di alcuni maliziosi, ma comincia a trasparire abbastanza chiaramente da alcune dichiarazioni e “riflessioni”, dimostra quanto poco rispetto si nutra per la volontà dei cittadini, per il loro diritto alla rappresentanza e per un vero “equilibrio” dei poteri istituzionali.
Insomma, l’aria che si sta respirando non mi piace e spero vivamente di essere smentito. Magari tutto questo rovello si scioglierà, la Corte Costituzionale dichiarerà l’illegittimità della legge elettorale denominata “Italicum” e si darà finalmente la parola, sulla riforma del Senato, ai cittadini, che giustamente – e per ragioni di merito – bocceranno la riforma, così mal fatta, così mal scritta e così poco corrispondente alle linee portanti della Carta costituzionale. Sogni? Io spero di no; ma nell’attesa del risveglio mi preoccupa tutto questo arzigogolare, che ha tutto il sapore di un gioco di interessi e no n della ricerca del bene comune.
anpinews_header.d74bcdc5b776n. 210 – 12/19 luglio 2016