
Carlo Meani nasce a Cinisello il 18 luglio 1904 in una famiglia contadina patriarcale. Dopo le scuole elementari frequenta a Milano la Scuola Serale Superiore Industriale e si prepara al lavoro di operaio in fabbrica, come in quegli anni stanno facendo molti suoi compaesani. È a Milano che viene arrestato per la prima volta, a soli 16 anni, nel dicembre 1920, in concomitanza ad una manifestazione nazionalista e in questa circostanza viene malmenato e imprigionato per dieci giorni. Sono gli anni delle proteste, degli scioperi, dei cortei che seguono il primo conflitto mondiale e sono anche gli anni in cui si fa strada, attraverso le intimidazioni e le violenze, il partito fascista di Benito Mussolini che, dopo la Marcia su Roma, imporrà la dittatura a tutto il Paese.
Carlo Meani nel frattempo matura le sue convinzioni e già nel 1921 si iscrive al Partito Comunista d’Italia. Le sue idee e le frequentazioni lo espongono alle minacce e alle percosse dei fascisti locali, oltre agli arresti arbitrari per motivi di ordine pubblico. Egli tuttavia non si lascia intimidire, mantiene i suoi contatti con gli antifascisti svolgendo un ruolo di collegamento tra Milano e Cinisello per la diffusione della stampa clandestina. Nel luglio 1931 viene arrestato, in seguito a una delazione, dalla polizia politica, incarcerato a San Vittore, trasferito a Regina Coeli e condannato dal Tribunale Speciale a due anni di reclusione, che sconterà nel carcere di Lucca. Dopo il rilascio può finalmente costruirsi una famiglia con Giuseppina Bossi e dalla loro unione nascerà il figlio Germano.
Nel maggio 1937 viene nuovamente imprigionato e poi assegnato al confino di polizia che trascorrerà prima a Ponza, poi alle Tremiti e infine a Pisticci. In questi anni di angherie e detenzioni contrae una serie di malattie che pregiudicheranno la sua salute, ma nello stesso tempo approfondisce le sue convinzioni attraverso le letture e i contatti con gli altri condannati.
Dopo il 25 luglio 1943 può finalmente ritornare a Cinisello Balsamo, ma con l’occupazione nazifascista Meani è spesso costretto a nascondersi e fuggire e più volte la sua vita è in pericolo. Entra a far parte della 119^ Brigata Garibaldi Quintino di Vona, con il ruolo di vice commissario politico e con il nome di battaglia Geo.
Quando finalmente giunge la Liberazione, il 27 aprile 1945 viene nominato sindaco e svolge questo ruolo con grande saggezza e moderazione, in una situazione di enormi difficoltà economiche e sociali, attento a far fronte ai bisogni della popolazione che usciva stremata da cinque anni di guerra.
Le elezioni amministrative del novembre 1946 vedono confluire su di lui la maggioranza dei consensi, ma ragioni di alleanze politiche faranno preferire a lui, nel ruolo di sindaco, Vittorio Viani.
Nonostante l’amarezza e la delusione Carlo Meani continuerà nel suo impegno politico, sia nell’amministrazione della sua città sia all’interno del suo partito. Negli anni di ininterrotto impegno lascia molti appunti e considerazioni che esprimono i suoi valori di fondo e che si possono condensare in questo suo pensiero: “Credo al bene, alla giustizia, alla verità, all’uguaglianza, ai doveri e diritti miei e verso il prossimo. Credo che sia indispensabile partire dall’autogoverno per raggiungere e praticare il bene.”
Schivo e modesto, è stimato dai tutti i suoi concittadini per il suo rigore, la sua coerenza, la sua dirittura morale e la fedeltà ai valori di giustizia e uguaglianza a cui si è attenuto per tutta la sua vita.
Muore il 19 marzo del 1976 e sulla lapide i familiari fanno incidere l’epigrafe: “Lottò e soffrì per un ideale di libertà e democrazia”.
A quarant’anni dalla sua scomparsa, il 25 aprile 2016, a Carlo Meani viene intitolata una via cittadina e dedicata una pubblicazione, a cura del Centro Documentazione Storica del Comune in collaborazione con l’ANPI, dal titolo: “Carlo Meani – Il volto mite di un antifascista irriducibile”.

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