Intransigente difesa della Costituzione e dei suoi valori
Nel documento congressuale dell’ANPI c’è un capitolo dedicato all’intransigente difesa della Costituzione e dei suoi valori. Ciò non significa rifiuto di ogni modifica, ma contrarietà ad ogni tentativo di stravolgere le linee portanti, i valori, i principi della Costituzione. Vi è la necessità, generalmente riconosciuta, di eliminare il bicameralismo “perfetto” anche se bisogna riconoscere che la storia di questi anni ci fornisce solidi esempi di situazioni in cui “le correzioni” da parte dell’altra Camera, rispetto a quella che per prima aveva deliberato, sono state positive e addirittura determinanti.
Una riforma costituzionale di grande peso, come quella che attiene all’eliminazione o alla trasformazione di una delle due Camere, non può essere neppure concepita per semplici ragioni di risparmio di spesa, come frequentemente si sostiene e come viene teorizzato nel disegno di Legge governativo di revisione costituzionale.
Il problema è quello della funzionalità, non quello dei costi. È opportuno, infine, ricordare che sulle riforme costituzionali la parola spetta in primis al Parlamento. Il Governo dovrebbe esprimere un parere conclusivo, su un progetto e non presentarlo alle Camere e imporre i propri tempi, proprio per la ragione essenziale che il problema dovrebbe essere sottratto al dominio della contingenza politica e delle scelte governative, pena lo stravolgimento del sistema che vige nella nostra Repubblica.
Abolizione sostanziale del Senato
Per quanto riguarda le riforme costituzionali, anziché limitarsi a differenziare le funzioni delle due Camere, si è puntato su una sostanziale “abolizione” del Senato, ridotto – per mancanza di una vera elettività e di significative funzioni – ad un rango accessorio ed ininfluente. L’unica Camera dotata di rilevanti funzioni sarà la Camera dei Deputati. Il Senato viene trasformato in un organo che dovrebbe rappresentare le istituzioni territoriali, privato del potere di dare o togliere la fiducia al governo. Il futuro Senato sarà composto da consiglieri regionali e da sindaci dei capoluoghi di regione.
Settantaquattro saranno i consiglieri regionali eletti dai Consigli regionali di appartenenza; ventuno saranno i sindaci dei capoluoghi di regione. I consiglieri regionali saranno designati secondo modalità stabilite da una legge di là da venire e che in ogni caso non consentirà l’elezione diretta da parte dei cittadini. Unica concessione è avere previsto che i consiglieri regionali dovranno essere nominati “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”. Per i sindaci nulla è previsto. Gli unici senatori a tempo pieno saranno i cinque di nomina presidenziale. La composizione del Senato sarà soggetta a continue variazioni perché i senatori decadranno con i rispettivi consigli regionali o comunali. Con questa composizione il Senato non voterà più le leggi ordinarie ma potrà votare le leggi di riforma costituzionale.
Sulle leggi ordinarie potrà proporre modifiche ai testi approvati dalla Camera, che tuttavia non saranno per questa vincolanti.
Legge elettorale
Con la nuova legge elettorale il premio di maggioranza (55% dei seggi) scatta col 40 per cento dei voti conseguiti.
Se non viene raggiunta questa soglia i primi due partiti vanno al ballottaggio, dove, molto probabilmente, i voti saranno in cifra assoluta molto minori del primo turno.
Sarà quindi una piccola minoranza del popolo sovrano a consegnare il potere al partito vincente tenendo conto che gli astenuti saranno probabilmente il 40 per cento e forse anche di più.
La riforma del Senato, alla quale si aggiunge una legge elettorale che conferisce un eccessivo premio di maggioranza e che prevede una platea con troppi nominati, verrebbe a concentrare il potere sull’esecutivo, a danno del legislativo e del giudiziario.
Una soluzione fortemente contrastata dall’ANPI perché, così facendo, si ridurrebbero gli spazi di democrazia, si inciderebbe fortemente sulla rappresentanza dei cittadini, si svilirebbe il ruolo di quel Senato che, in molti Paesi, è addirittura la Camera più “alta”, quella più prestigiosa, dotata di maggiori competenze anche sul piano culturale e scientifico.
Riteniamo che per riformare il Paese non si debba cambiare, in ben 41 articoli, la Costituzione ma applicarla. Forte deve essere l’impegno nel pretendere che, finalmente i princìpi costituzionali vengano attuati e i diritti resi effettivi ed esercitabili.
Nella seduta del 21 Gennaio 2016 il Comitato Nazionale dell’ANPI ha deciso con una maggioranza che ha il sapore dell’unanimità (venti voti a favore e tre astensioni) di aderire al Comitato per il NO alla riforma del Senato ed al SI’ sui quesiti referendari. L’ANPI aderisce alla Campagna referendaria con la sua autonomia e “le sue bandiere”, nel senso che non accetterà di porre la questione in termini politico-partitici e non si farà trascinare sul terreno dei “plebisciti”. Siamo convinti che queste due leggi (quella che “abolisce” di fatto il Senato e quella elettorale) non sono solo sbagliate ma stravolgono le linee portanti, princìpi e valori chiaramente espressi dalla Carta costituzionale.
Sarà quindi fondamentale, da parte nostra, avviare una capillare campagna di informazione, tra i cittadini, sui guasti che produrrebbero queste “riforme”. Ci sono luoghi in cui sono già stati costituiti i Comitati e l’ANPI vi deve aderire, non come un’appendice, ma facendo valere la propria presenza e la propria forza.